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Dal libro: “A te, fervido
Arcangelo! “ di Pasquale Russo
La festa del diciassette
maggio, quando si accompagna sul Santuario “lu cintu”, ricorda
l’avvenuta resudazione. Suggestiva ed emozionante è tuttavia la
cerimonia che si svolge sulla Balzata: dopo la celebrazione della messa, il cinto,
su cui è stata appoggiata una matassa di spago incerato, detto cerino (Il
cerino è lungo 45 metri e viene confezionato ogni anno), e tutti gli altri
preparati in onore del Santo, preceduti dallo stendardo compiono tre giri
attorno al Santuario, attraversando le sue tre porte d’accesso, quella rivolta
verso Sala, quella rivolta verso Marsico e l’altra d’ingresso abituale.
I tre giri circolari (il cerchio
è simbolo di perfezione e di completezza) significano che i fedeli, uscendo
dall’ambito temporale, entrano in una dimensione d’eternità, cioè nel Regno di
Dio, inoltre compiendosi attorno all’edificio carico di sacralità a chi vi
partecipa procura i benefici che ne derivano (circumambulazione augurale).
I cinti, al suono delle
ciaramelle e degli organetti, sono accompagnati dal sacerdote celebrante, dai “fratieddi”
vestiti dell’abito della congrega e dai devoti che cantano il responsorio. Al termine
un confratello, rilevato dalla cima del cappellino il vecchio cerino, rimasto
lì per un anno, scioglie la matassa del nuovo spago intriso di cera e lo
avvolge con tre giri tutt’intorno all’antica cappella, che ora esteriormente è
protetta da bianchi marmi squadrati. Dopo, il cerino che ha incubato per un
anno la sacralità che promana da quel luogo “eletto”, viene tagliato a moccoli
e distribuito ai fedeli che lo serbano e ne accendono lo stoppino, per
allontanare o acquietare le forze disgregatrici della natura in caso di
tempeste o altro fenomeno perturbatore.